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Prendendo in prestito dal linguaggio giuridico la parola “testamento”, per “testamento biologico” si intende la manifestazione di volontà espressa da una persona in condizioni di lucidità mentale sulle terapie che intende accettare o rifiutare nel caso in cui si trovasse in stato di incapacità di esprimere il proprio consenso informato, per malattie o lesioni irreversibili e invalidanti.
Manca ancora in Italia una legge specifica su questo argomento eticamente sensibile che contrappone correnti di pensiero laiche e cattoliche.
A complicare il tutto, c’è il fatto che l’espressione “testamento biologico” ricomprende, come un grande calderone, espressioni di volontà su argomenti disparati: donazione degli organi, cremazione, terapia del dolore e accanimento terapeutico, ma non tutte queste volontà possono considerarsi bioeticamente e legalmente accettabili.
Guardando le fonti normative, l’articolo 32 della Costituzione riconosce il diritto all’autodeterminazione in campo sanitario, inoltre l’Italia ha firmato nel 2001 la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina che prevede che “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”.
Il Codice di Deontologia Medica poi, in aderenza alla Convenzione, stabilisce che il medico debba tener conto delle direttive anticipate espresse dal paziente per iscritto.
In attesa di una legge, in molti comuni italiani è in corso la raccolta delle direttive anticipate dei cittadini residenti. Non si tratta di schivare il dovuto intervento legislativo, ma di dare concreta attuazione alle norme nazionali e internazionali per evitare di dover ricostruire a posteriori la volontà dell’interessato, come nel caso Englaro.