La figura del coordinatore genitoriale è di recente introduzione nel nostro ordinamento: nasce negli Usa negli anni 90 con il nome di “parenting coordinator” ed ha la funzione di tutelare i figli minori che potrebbero subire gravi danni psicologici dall’essere sottoposti a costanti scontri tra i genitori separati.
Ufficialmente in Italia non vi è ancora una norma che disciplini questa nuova figura, ma da qualche anno per prassi giurisprudenziale la stessa si sta affacciando nell’ambito del diritto di famiglia.
Il compito principale del coordinatore familiare è quello di facilitare la risoluzione dei contrasti tra genitori separati o divorziati: può accadere che questi siano coinvolti in dinamiche conflittuali tali di non avere una lucidità atta alla gestione della prole in regime di affidamento condiviso. Il coordinatore familiare dovrebbe quindi, quale soggetto terzo ed imparziale, aiutare le parti ad attuare un programma di genitorialità e allo stesso tempo favorire la cooperazione tra i genitori riducendo drasticamente i contrasti tra loro.
Come sappiamo, molte volte le coppie attraverso il conflitto restano invischiate in dinamiche perverse ed uno dei maggiori problemi è proprio una difficoltà comunicativa, il fraintendimento, la strumentalizzazione.
Proprio questo si vuole superare introducendo questa figura che deve essere una persona al di sopra delle parti, che non abbia avuto alcun rapporto con la coppia in qualità di consulente legale, terapeuta, consulente d’ufficio o mediatore familiare.
L’incarico può sorgere da una disposizione del giudice durante un procedimento giudiziario, oppure derivare dalla sottoscrizione di un libero accordo tra i genitori che avvertono la necessità di dirimere le controversie sulla gestione dei figli.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 11 novembre 2019