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In tema di responsabilità sanitaria l’ospedale o il medico possono essere condannati al risarcimento dei danni non solo se l’errato intervento medico lede la salute, ma anche quando il paziente non sia stato correttamente informato su tutti i rischi, controindicazioni o alternative terapeutiche prima di essere sottoposto all’intervento, pur correttamente eseguito.
Il dovere di raccogliere un adeguato consenso informato costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico: l’errata acquisizione del consenso dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto al risarcimento spettante per l’errata prestazione medica.
Ma come si raccoglie, allora, un adeguato consenso informato?
Innanzitutto il consenso deve essere raccolto per iscritto: nel 2018, infatti, la Cassazione ha chiarito che non può ritenersi validamente prestato il consenso espresso oralmente.
Non basta però neanche far firmare al paziente un modulo prestampato contenente informazioni generiche: la Suprema Corte, con una recente sentenza del 19 settembre 2019, ha chiarito che “In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo idonea la sottoscrizione da parte del paziente di un modulo del tutto generico”.
L’omessa acquisizione da parte del sanitario di un esauriente consenso informato, comporta dunque un danno consistente nella privazione della libertà del paziente di disporre di se stesso, essendo stato sottoposto a terapie o interventi comportanti rischi senza previa informativa.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA https://avvocatomatrimonialista.org/irenze-consenso-informato/30.08.2020