DONAZIONE INDIRETTA : DI COSA SI TRATTA ?

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Le donazioni indirette rappresentano una delle fattispecie più controverse sottoposte agli avvocati matrimonialisti o divorzisti: si tratta di atti patrimoniali tra vivi.

Quando si parla di donazione indiretta ci richiamiamo alla figura generale del negozio indiretto: questo ricorre quando le parti utilizzano un determinato schema contrattuale per raggiungere attraverso di esso scopi diversi da quelli tipici della struttura del contratto stesso.

Il legislatore quando ha previsto la categoria generale delle “liberalità non donative” non ne ha dato una definizione particolare ma ha elencato gli atti che vi rientrano lasciando così all’operatore del diritto, ovvero l’avvocato matrimonialista e l’avvocato divorzista, il compito di individuarli di volta in volta.

Tale scelta rinunciataria è con ogni probabilità dipesa dalla constatazione che un numero infinito di atti si presta ad essere utilizzato per realizzare un arricchimento del destinatario e correlativamente un impoverimento di chi le compie, quindi un elenco tassativo avrebbe finito per escludere alcune fattispecie importanti.

La norma si riferisce infatti alle liberalità che risultano da atti diversi dalla donazione, quasi a voler sottolineare che l’effetto liberale, cioè di arricchimento del destinatario, è l’unica caratteristica pratica che contraddistingue le liberalità cosiddette “non donative” dalle donazioni vere e proprie.

Sarà a questo punto necessario rivolgersi all‘avvocato matrimonialista o all’avvocato divorzista al fine di comprendere quale sia la fattispecie di fronte alla quale ci si trova.

L’INTENZIONE DI DONARE, IL COSIDDETTO ANIMUS DONANDI

La norma si riferisce alle liberalità che risultano da atti diversi dalla donazione ovvero di arricchimento del destinatario: questa è l’unica caratteristica, empirica, che contraddistingue le liberalità c.d. “non donative” dalle donazioni vere e proprie.

Si è tuttavia sottolineato che non necessariamente tutti gli atti che comportano un arricchimento del destinatario, correlativamente ad un impoverimento della controparte, rappresentano “liberalità”: lo sono soltanto quegli atti in cui l’arricchimento si accompagna all’ animus donandi del disponente, ovvero alla volontà di donare da parte di colui che effettua il beneficio, che null’altro è se non  l’intenzione di arricchire senza corrispettivo.

CHE COSA È LA “FORMA SOLENNE” RICHIESTA PER LA DONAZIONE

Quando parliamo di donazione, dobbiamo rispettare una particolare forma imposta dalla legge: la cosiddetta “forma solenne”.

La donazione infatti, a tutela di chi dona, deve rivestire la forma dell’atto pubblico, ovvero deve essere fatta davanti al Notaio ed in presenza di due testimoni: questo a presidio dell’esigenza di evitare atti scriteriati e non sufficientemente meditati considerato che il disponente, il cosiddetto “donante”, riceverà un impoverimento del proprio patrimonio senza alcuna contropartita.

In tal modo il baluardo del rigoroso formalismo dovrebbe indurre ad un’adeguata riflessione sulle conseguenze che ne potrebbero derivare.

Solo nel caso in cui la liberalità derivi da un atto “diverso dalla donazione” la legge rinuncia a richiedere questa tutela.

Quindi quando vi è una liberalità che rientra nella donazione indiretta, non sarà necessaria la forma solenne davanti al Notaio.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite,  chiamata a dirimere i profondi contrasti interpretativi emersi con riferimento alle cosiddette liberalità non donative, ha individuato alcuni elementi che rispettivamente accomunano o distinguono la donazione dalle liberalità diverse, rilevando che queste ultime hanno in comune con la donazione l’arricchimento senza corrispettivo voluto per spirito liberale da un soggetto a favore dall’altro, ma si distinguono dalla donazione in quanto l’arricchimento non si realizza con l’attribuzione di un diritto o l’assunzione di un obbligo ma in modo diverso.

IL PRECEDENTE GIURISPRUDENZIALE: LA FIGLIA IMPUGNA LA DONAZIONE FATTA DA SUO PADRE ALLA NUOVA COMPAGNA PRIMA DI MORIRE

Interessante è ripercorrere la vicenda che aveva generato la necessità di rimettere la questione al vaglio delle Sezioni Unite: la lite vedeva contrapposte la figlia e la compagnia del defunto a cui, poco prima di morire, egli aveva fatto pervenire mediante ordine di trasferimento un ingente controvalore in titoli.

La figlia citava in giudizio la compagna del padre per ottenere la restituzione di quanto il padre poco prima di morire le aveva donato.

La figlia chiedeva così di dichiarare la nullità della donazione di denaro effettuato dal defunto in favore della compagna per difetto di forma (l’atto pubblico).

Abbiamo visto nel paragrafo precedente come la donazione, sia che si tratti di beni immobili, sia che si tratti di somme di denaro, sia che si tratti di qualunque altro bene, deve rivestire la forma solenne ossia il trasferimento deve essere effettuato davanti ad un Notaio ed alla presenza di due testimoni.

La compagna del padre si difendeva sostenendo di non dover restituire nulla, non essendosi trattato di donazione ma di un adempimento di obbligazione naturale (le obbligazioni naturali sono tutte quelle piccole elargizioni che vengono fatte nella quotidianità per assolvere alle più comuni ed elementari esigenze della vita), o tutt’al più che si trattasse di donazione indiretta.

Il Tribunale accoglieva la domanda della figlia e dichiarava la nullità di questa attribuzione patrimoniale operata dal padre a favore della convivente qualificandola come donazione diretta priva della forma solenne.

La Corte di Cassazione specificava come l’ordine impartito alla Banca di trasferire del denaro alla propria convivente non potesse costituire una donazione indiretta ma piuttosto una donazione diretta ad esecuzione indiretta perché indiretta non è la donazione, ma il metodo prescelto per attuarla (bonifico ordinato alla banca del donante).

In buona sostanza, invece che trasferire del denaro direttamente nelle mani del beneficiario, si può decidere di effettuare un bonifico bancario, ma ciò non muta la natura della donazione.

DONAZIONE INDIRETTA DI UN IMMOBILE

Per comprendere quando ci troviamo di fronte alla donazione indiretta di un immobile sarà necessario consultare un avvocato matrimonialista o un avvocato divorzista.

Uno dei casi di più frequente riconduzione allo schema della donazione indiretta è rappresentata proprio dall’intestazione di immobili di cui altri abbia procurato il corrispettivo.

In tale evenienza l’intento liberale può in concreto realizzarsi mediante la messa a disposizione da parte del disponente (donante) della somma necessaria a consentire da parte del ricevente l’acquisto di un bene immobile.

Si è opportunamente precisato, che nel caso in cui un soggetto abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli, si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare (oggetto della donazione rimane il denaro stesso), da quello in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine ultimo della donazione.

In tale ultimo caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che siamo in presenza di una donazione indiretta dello stesso immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto purché, si precisa, emerga incontrovertibilmente il collegamento tra la dazione della somma e l’acquisto dell’immobile.


Scritto da Studio Avvocato Laura Gaetini

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