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Si chiamano “matrimoni misti”, lui italiano, lei straniera o viceversa. La loro unione dovrebbe essere lo specchio del multiculturalismo, servono a misurare il livello di integrazione di una società.
Sono diventati invece il sintomo di un grave malessere. I matrimoni misti si sono triplicati nell’arco di un decennio in Italia eppure la vita coniugale di tre coppie miste su quattro si chiude con un fallimento. Nel 75 per cento dei casi l’amore sboccia in fretta ma l’e pilogo è una separazione.
La speranza di riuscire a conciliare le diversità si scontra con i più banali ostacoli quotidiani ma anche con le più profonde differenze negli stili di vita e nella visione della famiglia.Il modello dei matrimoni misti è in piena crisi ed è in quel frangente che si innesta il problema di come gestire la fine di tali rapporti in termini legali. La presenza di musulmani in Italia rende molto frequenti tali problematiche proprio perché la normativa in materia di diritto di famiglia nel modo islamico male si concilia con quanto previsto dalla legislazione italiana, si pensi ad esempio al ripudio della moglie da parte del marito o la patria potestà sui figli che spetta solo al marito. In caso di crisi coniugale l’autorità competente è il Giudice Italiano se le nozze sono state celebrate in Italia o se uno dei due coniugi è italiano.
Possono anche decidere di rivolgersi al Giudice competente del Paese di origine del coniuge straniero: lo Stato Italiano convaliderà direttamente il divorzio nel caso in cui la normativa dello Stato non prevedesse la separazione. Spesso la scelta di comune accordo di rivolgersi per il divorzio al Paese di origine del coniuge straniero è scaturita da esigenze di maggiore rapidità, trascurando però le maggiori garanzie che le norme italiane possono offrire.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 10 febbraio 2014