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Non è semplice bullismo ma un vero e proprio mobbing scolastico quando l’insieme di atti persecutori volti a denigrare, emarginare o umiliare pubblicamente un compagno di classe ha la finalità di indurre il minore ad allontanarsi dal gruppo, sentendosi inadeguato all’ambiente.
Spesso si compie l’errore di confondere il mobbing scolastico con il più comune bullismo. Certamente i due casi sono correlati tra loro, ma non rappresentano le stesse dinamiche e indicano un diverso grado di maltrattamenti ai danni della vittima.
L’equilibrio mentale della vittima è la prima cosa da salvaguardare, al fine di non rendere l’esperienza del mobbing un possibile trauma con devastanti conseguenze psicologiche.
Ma c’è ben altro. Il mobbing scolastico può infatti assumere varie forme.
La più frequente è quella che vede un gruppo di giovani designare come loro vittima un coetaneo: la persecuzione prende l’avvio dal cosiddetto leader, colui che si dimostra autorevole e che sente il bisogno di dominare l’ambiente circostante o perché prova invidia e risentimento nei confronti della vittima, oppure perché a sua volta ha subito abusi.
La maggior parte della classe finisce per schierarsi con lui e, pur non intervenendo direttamente nei comportamenti mobbizzanti, opera una sorta di ostracismo nei confronti della vittima, emarginandola, deridendola e colpevolizzandola.
Questi compagni di classe che si rendono compici del leader, si schierano con lui per paura di divenire essi stessi vittime oppure perché, essendo ancora immaturi, non hanno la giusta percezione dell’ingiustizia.
Il mobbing scolastico si verifica infatti soprattutto nell’età evolutiva e spesso ad esso si correlano i tentativi di suicidio da parte di minori.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA del 26 febbraio 2018