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E’ diritto di ogni figlio minore “ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori”.
Se nelle famiglie unite questi compiti vengono assolti dai genitori di comune accordo, quando la coppia si scinde possono sorgere problemi di suddivisione degli obblighi economici.
In questi casi si prevede che il genitore non collocatario versi all’altro genitore presso cui il figlio continua ad abitare un assegno di mantenimento determinato in base alle esigenze del minore e alle risorse economiche dei genitori.
Tale contributo mensile non esaurisce però le esigenze complessive dei figli con riguardo ad avvenimenti imprevedibili o ad esborsi non quantificabili a priori.
Nasce così la distinzione tra “spese ordinarie” e “spese straordinarie”.
Qual è la differenza?
Nel silenzio della legge, la giurisprudenza afferma che non è la tipologia di spesa a distinguere le due categorie, quanto piuttosto la modalità con cui la spesa si presenta nella vita dei figli.
Le spese ordinarie, infatti, sono ricomprese nell’assegno mensile poiché volte al soddisfacimento delle normali esigenze di vita quotidiana del minore (spese alimentari, di igiene personale, di vestiario, acquisto di materiale scolastico, farmaci comuni da banco, visite di routine dal pediatra).
Le spese straordinarie, invece, sono rimborsate a fronte di esborsi imprevedibili, non quantificabili a priori, di non lieve entità e non rientranti nelle normali consuetudini di vita.Si distinguono in tre gruppi: spese mediche straordinarie (visite specialistiche, interventi chirurgici, particolari terapie come inalazioni termali o fisioterapia), spese scolastiche straordinarie (corsi di specializzazione, gite con pernotto) e spese sportivo-ricreative (iscrizione in piscina o a tennis, corso di musica).
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 11 maggio 2015