I maltrattamenti fisici e psicologici nelle relazioni familiari sono quelli che si consumano all’interno delle mura domestiche tra persone legate tra loro da vincoli di parentela, affinità o coniugi.
Si tratta di un reato punito anche con la reclusione da uno a cinque anni. La condotta è rilevante penalmente quando le violenze fisiche o morali sono continuative e si manifestano con azioni ripetute nel tempo vale a dire quando la sofferenza diventa una caratteristica abituale della relazione. Si tratta di atti di disprezzo, di umiliazione, si tratta di continua mancanza al dovere di solidarietà che porta ad una vita mortificante. Tuttavia il violento non è solo colui che picchia o ferisce fisicamente: ci sono forme più subdole di violenza ma non meno dolorose. E’ la violenza di chi dispone di mezzi economici ed infierisce su chine è privo: anche in tal caso la vita diventa mortificante. Una forma diffusa di violenza psicologica è la cosiddetta “violenza economica” (ovvero privazione del denaro all’altro coniuge) che si realizza quando un coniuge impedisce all’altro di studiare, di lavorare o in genere di realizzarsi professionalmente, di avere un conto corrente personale, un bancomat o una carta di credito. In questi casi durante la vita di coppia il denaro viene centellinato, versato per così dire “con il contagocce” in modo da rendere la parte più debole economicamente, più debole anche psicologicamente poiché sempre ostaggio del coniuge che la priva di ogni autonomia al fine di poter sempre esercitare il proprio controllo. Nella separazione questo comportamento viene perpetrato anche quando il marito o la moglie omettono di versare l’assegno di mantenimento che il giudice ha stabilito per il coniuge e per i figli.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 2 settembre 2013