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Fino a 50 anni fa l’adulterio femminile, solo quello femminile, costituiva un reato punito perfino con la reclusione.
Oggi, invece, sulla scia della liberalizzazione sessuale sessantottina che ha promosso la depenalizzazione dell’infedeltà muliebre, sempre più coppie si trasformano in triangoli.Questa sdoganizzazione del tabù dell’infedeltà coniugale rischia però di far perdere di vista le relative conseguenze..
Prima tra tutte: l’addebito di separazione. Conseguenza possibile ma non inevitabile.
Ai fini dell’addebito si deve provare che quell’adulterio è stato causa determinante della rottura coniugale, se invece l’infedeltà si è verificata in seguito e per effetto della crisi di coppia nessun addebito può essere disposto.
In sostanza: il tradimento deve essere causa e non conseguenza della frattura matrimoniale.
Chi si vede addebitare la separazione perde il diritto all’assegno di mantenimento e non può più godere dello stesso tenore di vita avuto nel matrimonio.
Se però il coniuge infedele è indigente gli viene riconosciuto il diritto agli alimenti, più modico rispetto all’assegno di mantenimento, che garantisce solo il soddisfacimento dei bisogni primari.
Altra conseguenza dell’addebito: il fedifrago perde i diritti successori sin dal momento della separazione (e non da quello successivo del divorzio), rimanendogli solo il diritto all’assegno vitalizio qualora benefici degli alimenti. Non così per il coniuge separato che è stato tradito, egli conserva gli stessi diritti successori parimenti al coniuge non separato.
Infine l’adulterio non ha nessuna conseguenza sull’affidamento dei figli: essere coniugi fedifraghi non significa non poter essere genitori esemplari, la violazione del dovere di fedeltà incide solo sul rapporto bilaterale tra coniugi senza coinvolgere la relazione genitore-figlio.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 5 gennaio 2015