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“Qua dentro ci abbiamo messo tutto! Questo qua ormai è diventata la scatola nera della nostra vita!”: questa è una delle frasi cult di “Perfetti sconosciuti”, premiato miglior film al David di Donatello 2016.
Stiamo parlando dei cellulari, quei comunissimi dispositivi in cui ormai è racchiusa tutta la nostra vita, tutti i nostri segreti.
Accade a Milano: la moglie scopre sul cellulare del marito alcuni SMS decisamente confidenziali della sua amante, lo porta in Tribunale e chiede la separazione con addebito che si chiude con la condanna del marito a versare 2000 € a titolo di mantenimento della moglie, 3000 € per il mantenimento dei tre figli, oltre alla totalità delle spese straordinarie concordate tra i genitori.
A nulla sono servite le difese del marito che, per evitare l’addebito, ha tentato di sostenere che il matrimonio fosse già logorato da anni e che la scoperta degli SMS piccanti avesse solo aggravato una crisi coniugale già in atto da tempo. Solo se il matrimonio è ancora saldo, infatti, l’infedeltà coniugale legittima la richiesta di addebito della separazione. La Cassazione ha tuttavia confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha considerato che la coppia, dopo una crisi iniziale, si era già riavvicinata nel 2002 (anno in cui è nata la loro terza figlia) e, a far venir meno quella ritrovata unità familiare, era stata proprio la scoperta nel 2007 degli SMS.
I giudici hanno dunque affermato che gli SMS dell’amante possono essere utilizzati come prova del tradimento del coniuge che legittima la richiesta di separazione con addebito al fedifrago.
I tempi cambiano: una volta, se il coniuge rincasava all’improvviso, si nascondeva l’amante nell’armadio, oggi invece, si dovrebbe piuttosto nascondere lo smartphone, o perlomeno dotarlo di blocco password.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA del 10 aprile 2017