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Femminicidio. Una parola orribile da sentire ma che sempre più spesso viene usata per raccontare le violenze e gli abusi nei confronti delle donne. Nel nostro Paese lo scorso anno sono state più di trecento le donne assassinate e di queste, circa ottanta, sono morte per mano di chi avrebbe dovuto amarle.
Le statistiche riportano che in Italia la violenza domestica sia la prima causa di morte per le donne tra i 16 ed i 44 anni. Un vero massacro, una strage silenziosa: ogni due giorni una donna muore tra le mura domestiche, in quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro. Ed è proprio in questo contesto che si collocano le leggi n. 149\2001 e 154\2001 che prevedono misure contro la violenza nelle relazioni familiari: sono i cosiddetti “ordini di protezione” ovvero provvedimenti pronunciati dal Giudice per proteggere le vittime di violenza ad opera di un familiare. Si tratta di rimedi civilistici alternativi alla denuncia penale: diventa così possibile difendere l’incolumità fisica e morale del singolo componente la famiglia, ottenendone l’allontanamento nel caso in cui uno dei componenti tenga una condotta violenta che pregiudichi lo svolgimento dei rapporti familiari. Gli ordini di protezione rispondono a molteplici finalità nel tentativo di porre rimedio alle carenze dei precedenti strumenti di tutela penale e civile così come evidenziato nei centri antiviolenza. In primo luogo la possibilità di poter utilizzare un’azione di tipo civilistico elimina il blocco psicologico della vittima a denunciare penalmente il familiare violento: l’obiettivo è quello di interrompere il ciclo di violenza mantenendo aperta la strada alla ricostruzione della relazioni familiari. Un’ancora di salvezza dunque per tutti coloro che richiedono protezione senza voler ricorrere alla denuncia penale o alla separazione legale.