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Con il termine eredità nell’uso comune si intende generalmente il patrimonio ereditario complessivamente considerato, ossia, più precisamente, il patrimonio di un singolo individuo persona fisica, che a causa della morte di quest’ultimo, passa nella titolarità giuridica di un altro soggetto in virtù di successione a causa di morte.
Il fenomeno ereditario ha rappresentato da sempre un aspetto cruciale dell’organizzazione istituzionale di ogni società umana.
I concetti di eredità e di successione a causa di morte, e le regole che ne disciplinano i vari aspetti, determinano notevoli ripercussioni sull’organizzazione generale della società.
Molte culture hanno adottato un meccanismo successorio che privilegia la linea paterna (cosiddetta successione ex patre, in base al quale solo i figli maschi possono ereditare); altre culture hanno adottato un meccanismo successorio che privilegia la linea materna, in base al quale il patrimonio ereditario si trasmette solo alle figlie femmine.
Per molto tempo il fenomeno successorio in Italia ha seguito il cosiddetto diritto di primogenitura, attribuendo il patrimonio ereditario al primo figlio maschio della persona della cui eredità si tratti.
In linea generale, tuttavia, si può dire che molte società del passato e quasi tutte le società contemporanee adottano un più o meno complesso sistema di regole ereditarie in forza delle quali si perviene ad una suddivisione del patrimonio ereditario fra i vari superstiti della persona defunta (nel linguaggio tecnico giuridico indicata come “de cuius”).
Nell’ordinamento giuridico italiano, l’eredità si trasferisce dal de cuius ai suoi successori o per legge o per testamento. Nel primo caso si avrà una successione legittima, nel secondo caso una successione testamentaria.
Per successione dei legittimari o successione necessaria si intende quell’insieme di norme di garanzia e di tutela che l’ordinamento appresta per alcune categorie di successibili, riservando loro una quota del patrimonio ereditario libera da pesi e condizioni, in virtù dello speciale rapporto personale che si presume abbia legato tali soggetti al defunto.
Essa non è dunque un terzo tipo di successione, ma si rivela per essere una forma di successione legittima “potenziata” in favore di determinati soggetti della cerchia familiare più stretta del de cuius.
Contrariamente al sistema successorio romano classico, dove vigeva il principio nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest, nel diritto successorio italiano è possibile il concorso fra successione testamentaria e successione legittima, ad es. nel caso in cui il testatore abbia voluto disporre per testamento solo di una parte dei suoi beni in forma di legati.
Chiunque pretenda di essere erede può chiedere il riconoscimento della qualità ereditaria contro chiunque possieda tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza alcun titolo, al fine di ottenere la restituzione dei beni stessi (azione di petizione ereditaria).
L’ultimo comma art. 42 della Costituzione recita: La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Le disposizioni normative generali sulle successioni sono contenute nel Libro II, Titolo I del Codice civile, più precisamente agli artt. 456 e ss.
L’istituzione di erede
Si determina una istituzione di erede ogniqualvolta, attraverso un testamento, un soggetto viene indicato dal testatore come attributario di una quota parte dell’eredità.
Non ci sono formule specifiche o speciali per attribuire giuridicamente la qualità di erede. Ad es. la semplice formula “Nomino Tizio erede di un terzo del mio patrimonio”, manifesta appieno ed efficacemente la volontà del testatore di istituire Tizio erede di una quota del suo patrimonio.
Quanto, invece, al sintagma “erede universale”, si ritiene comunemente che il testatore, con esso, abbia voluto attribuire ad un singolo erede l’insieme complessivo dei beni costituenti il suo patrimonio. Tale disposizione non può comunque annullare la quota di patrimonio spettante per legge agli eredi legittimari, e pertanto riguarda solamente la quota di proprietà della quale si dispone liberamente.
Il testatore può limitarsi ad indicare i soggetti da considerare suoi eredi, ma può parimenti rendere più dettagliata l’istituzione ereditaria, ad esempio articolando norme per la divisione del suo patrimonio, o indicando i beni che verranno a comporre la singola quota ereditaria di ciascuno dei coeredi.
Con la nomina ad erede, il soggetto nominato acquista una complessa posizione giuridica, composta principalmente dal diritto di accettare l’eredità, o di rinunziarvi, o di accettarla con beneficio di inventario.
Con l’accettazione pura e semplice, il soggetto acquista la piena titolarità giuridica della quota ereditaria attribuitagli dal testatore, rispondendo anche “ultra vires hereditatis” (ossia al di là dell’ammontare dell’attivo ricevuto) delle passività debitorie parimenti costituenti il patrimonio ereditario.
Tale responsabilità ereditaria per i debiti del defunto dovrà naturalmente essere ripartita pro-quota fra i diversi coeredi, secondo il principio “debita hereditaria ipso iure dividuntur”.
Nel caso di rinunzia, il soggetto nominato erede diventerà estraneo alla vicenda ereditaria e si considererà come se non fosse mai stato chiamato.
Nel caso, infine, di accettazione con beneficio d’inventario si aprirà una complessa procedura che, tramite un inventario delle attività e delle passività ereditarie, permetterà all’erede di limitare la sua responsabilità patrimoniale “intra vires hereditatis”, liquidando ai creditori del de cuius solo quanto di loro spettanza.
Il legato
Il legato è un’attribuzione patrimoniale mortis causa a titolo particolare. Con esso, il testatore attribuisce ad un legatario uno o più beni determinati, non considerandoli come quota del patrimonio ereditario.
Il legatario non risponderà dei debiti ereditari; nel caso in cui il testatore abbia aggiunto a carico del legatario talune prestazioni patrimoniali onerose (ad es. il pagamento di un debito od il soddisfacimento di un onere) egli sarà giuridicamente tenuto ad adempiere all’obbligazione impostagli dal de cuius soltanto entro i limiti del valore della cosa legata (ad es. se il de cuius vantava un credito dal legatario).
Il codice civile descrive una serie molto vasta di specifiche tipologie di legato e per essi si rimanda alle relative voci dell’enciclopedia.
La donazione
In base all’art. 769 c.c., la donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’ altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.
La donazione deve essere stipulata con atto pubblico. In mancanza di questa forma l’atto è nullo (art. 782 c.c.). Tale forma non è necessaria quando si effettua una donazione di modico valore, come accade frequentemente nella vita di tutti i giorni. In casi simili, la donazione è perfezionata quando ci sia stata la semplice consegna del bene (art. 784 c.c.). Si ha in questo caso la cosiddetta traditio brevi manu.
La donazione si può impugnare per errore sul motivo della donazione stessa, ma soltanto se il motivo risulti sull’atto e sia stato l’unico che ha determinato il donante a compiere la liberalità (art. 787 c.c.).
Dopo che è stata accettata, la donazione può essere revocata soltanto per due motivi gravi (art. 800 c.c.):
1. Per ingratitudine, quando il donante subisca ingiuria, tentato omicidio, calunnia, ecc. da parte del donatario (in questo caso, il donante ha tempo un anno dal giorno in cui scopre l’ingratitudine per revocare la donazione);
2. Quando per il donante si determini la sopravvenienza di un figlio (o nel caso in cui se ne ignorava l’esistenza), si ha tempo 5 anni dal giorno della nascita o dal giorno in cui si è scoperto di avere un figlio per revocare la liberalità (cfr. artt. 803 e 804 c.c.).
È anche possibile effettuare una donazione in vista di un matrimonio (c.d. donazione obnuziale). Essa non richiede accettazione espressa; tuttavia, la liberalità non sarà efficace finché non sia celebrato il matrimonio (art. 785 c.c.). La celebrazione del matrimonio, dunque, opera come avveramento della condizione sospensiva prevista dalla struttura legale della fattispecie, ma dottrina e giurisprudenza non sono concordi sul punto.
Successione dello Stato
Nel caso in cui non vi siano parenti fino al sesto grado, l’eredità è devoluta allo Stato: l’acquisto opera di diritto, senza che debba essere espressa accettazione, e non può essere oggetto di rinunzia. Lo Stato non risponde mai dei debiti e dei legati oltre il valore dei beni acquistati. La disciplina è dettata dall’articolo 586 del Codice civile.