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C’era da aspettarselo. Se anche nella cattolicissima Irlanda il referendum popolare ha votato sì ai matrimoni omosessuali se, ancor prima, la Francia illuminista ha riconosciuto alle coppie gay il diritto di sposarsi e pure di adottare bimbi, se infine anche lo stesso Papa Francesco ha vinto moralismi e bigottismi con la sua storica frase “Chi sono io per giudicare un gay?”, non stupisce il fatto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia biasimato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali.
I Giudici di Strasburgo, infatti, hanno condannato il nostro Paese per violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, norma che tutela la vita privata e familiare.
Premesso che le coppie omosessuali hanno le stesse necessità di riconoscimento e di tutela delle coppie eterosessuali, l’Italia e gli altri Stati firmatari della CEDU devono rispettare il diritto fondamentale delle coppie gay di ottenere forme di riconoscimento.
Per la Corte di Strasburgo “un’unione civile o una partnership registrata sarebbe il modo più adeguato per riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso”, mentre la legislazione italiana non è affidabile su questo punto e dà luogo ad un vuoto normativo da colmare al più presto.
La sentenza della Corte Europea diverrà definitiva tra 3 mesi, se i ricorrenti o il Governo non chiederanno e otterranno un rinvio alla Grande Camera per un riesame della questione.
Al di là degli obblighi giuridici, è evidente come questa condanna esplicita all’Italia abbia un grande impatto mediatico e culturale che, accanto agli esempi irlandese e francese e insieme all’apertura del nostro stesso Santo Padre, offre speranza a chi si impegna ad amarsi contro tutto e tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 27 luglio 2015