Quando si vive sotto lo stesso tetto ciascuno dei conviventi partecipa alle spese di casa come può senza divisioni al millimetro: magari il compagno paga il mutuo e la compagna si occupa delle bollette.
Se finché la coppia è unita si va d’amore e d’accordo, che succede se ci si lascia?
Le somme versate dal convivente vanno rimborsate?
Quando due persone decidono di convivere si instaura un clima di collaborazione e fiducia reciproca.
La coppia di fatto è tutelata dall’art. 2 della Costituzione e, ancora più nello specifico, dalle legge Cirinnà 76/2016 che ha disciplinato le convivenze more uxorio.
La coppia di fatto è connotata da legami affettivi e da reciproca assistenza morale e materiale come tra coniugi, “more uxorio” appunto.
In quest’ottica le somme versate dal convivente nell’interesse della famiglia costituiscono adempimento di “obbligazioni naturali” ai sensi dell’art. 2034 cc che giustificano il diritto di non restituire quanto spontaneamente pagato in adempimento di un dovere morale e sociale.
Secondo alcune Corti di merito, il convivente abbiente che ha spontaneamente pagato di tasca propria le rate del mutuo cointestato non può esigere il rimborso, perché trattasi di spesa fatta per garantire una casa alla propria famiglia, casa in cui lui stesso ha vissuto. Tutto ciò a 2 precise condizioni: 1) le somme erogate dal partner più abbiente non devono essere sproporzionate e non devono essere estranee alla necessità della vita in comune: altrimenti è un ingiustificato arricchimento. Per capire se un’elargizione é proporzionata, si devono confrontare le condizioni patrimoniali dei conviventi, anche considerando la durata della vita insieme; 2) le elargizioni economiche sono giustificate quando la convivenza è in corso e perdono di giustificazione se non si vive più insieme.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 30 marzo 2020