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Mamma e papà hanno scelto per lei il nome Blu e così vorrebbero continuare a chiamarla.
Nome particolare, certamente poco usuale, ma nella sostanza e nel significato non molto diverso dai più comuni Viola o Celeste.
Il Pubblico Ministero della Procura di Milano invece convoca proprio loro, i genitori di Blu, invitandoli a cambiare il nome della bimba, ormai di 15 mesi.
Per quale motivo?
L’art. 35 del Decreto del Presidente della Repubblica sulla semplificazione dell’ordinamento di stato civile, prescrive che il nome dato al bambino debba corrispondere al sesso anagrafico ed essere composto da uno o più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre.
Secondo l’ipotesi della Procura, il nome Blu sarebbe inaccettabile sia per un maschio che per una femmina, in quanto manca una corrispondenza evidente tra il nome ed il genere sessuale, dunque il nome sarebbe idoneo a generare confusione.
La Procura, infatti, ritiene che il nome legato al termine inglese “blue”, ossia il colore blu, non possa essere attribuito in modo inequivocabile ad una persona di sesso femminile.
Si è aperto così un braccio di ferro tra i rappresentanti della legge che chiedono la modifica del nome ed i genitori della piccola Blu che sostengono che dietro alla scelta vi siano principi più importanti come la libertà e il rispetto dell’identità della piccola, ormai acquisita da 15 mesi.
Oggi la diatriba si è risolta, da quando la Procura ha rinunciato a chiedere la modifica del nome ed il Tribunale ha confermato il nome della piccola.
Anche nel nostro paese, quindi, il nome Blu può essere dato ai nostri figli, sia maschi che femmine indifferentemente, senza che tale scelta possa infrangere la norma di legge che prescrive una corrispondenza tra nome e genere sessuale. Del resto, analogo discorso vale per altri nomi unisex quali Andrea.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 4 giugno 2018