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Le sentenze di separazione e divorzio hanno efficacia di titolo esecutivo con riguardo all’obbligo di versare l’assegno di mantenimento al coniuge o ai figli e, in caso di disobbedienza a tale obbligo, aprono la strada all’azione esecutiva con il pignoramento dello stipendio o del conto corrente del coniuge inadempiente.
Il nostro ordinamento ha però predisposto anche altri strumenti alternativi all’esecuzione forzata: il coniuge creditore dell’assegno di mantenimento può chiedere al Giudice non solo di imporre al debitore idonee garanzie fideiussorie o ipotecarie, ma anche di sequestrare i beni del coniuge obbligato e soprattutto di ordinare al datore di lavoro del consorte di pagare direttamente nelle mani dell’avente diritto.
Con riguardo al procedimento di separazione, l’art. 156, comma 6, c.c. attribuisce al Giudice, in caso di inadempienza del coniuge obbligato, la facoltà di ordinare al terzo tenuto a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, di versare direttamente all’avente diritto una parte di esse.
In capo al terzo sorgerà dunque un vero e proprio obbligo di versare al titolare del diritto all’assegno, una parte dello stipendio (o della pensione) del coniuge obbligato.
Con riferimento al divorzio, l’obbligo del terzo può avere fonte sia in un provvedimento giurisdizionale sia in un atto stragiudiziale di parte previsto dall’art. 8 della legge sul divorzio 898/1970 a norma del quale il coniuge creditore, decorsi 30 giorni dalla costituzione in mora a mezzo raccomandata del coniuge obbligato, può notificare la sentenza che stabilisce la misura dell’assegno al terzo debitore di somme periodiche verso il consorte, invitandolo a pagare le somme dovute direttamente al beneficiario e comunicandolo all’inadempiente.
Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 20 febbraio 2017