Se il coniuge rifiuta il diritto alla sessualità

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Ha fatto scalpore, qualche anno fa, una sentenza della Corte di Cassazione con la quale veniva condannato un uomo che per ben sette anni si era rifiutato di intrattenere rapporti sessuali con la moglie.

Colpevole, secondo la Suprema Corte, non solo del fallimento matrimoniale, ma anche di aver leso la dignità della consorte in quanto donna. Può sembrare una faccenda un po’ridicola, quasi da commedia all’italiana, ma se il disagio che un tale rifiuto puòcompor tare è stato, specialmente negli ultimi anni, alla base di così tante riflessioni legislative, dibattiti e sentenze, allora vuol dire che non si tratta di una semplice curiosità da considerare con malcelata sufficienza, ma di una vera e serissima questione legale, psicologica e sociale. La stessa Costituzione, d’altronde, all’art. 2 riconosce i diritti inviolabili dell’uomo e della donna, tra i quali può essere senz’altro ricondotto anche il diritto alla sessualità, la cui lesione rappresenta una violazione della persona intesa nella sua totalità, nella sua libertà e dignità. Da ciò ne deriva, come conseguenza giuridica, che il sottrarsi ripetutamente a tale obbligo, possa dar luogo all’addebito della separazione legale o a ottenere un risarcimento. Che dire, allora, dello “sciopero del sesso” (nonché delle pulizie domestiche!) di ben 41 giorni proposto in questi giorni da un’associazione femminista turca? La motivazione, però, in tal caso è stata delle più nobili: protestare contro la violenza nei confronti delle donne, fenomeno divenuto ormai endemico nel paese.

Articolo pubblicato su ECO DI BIELLA 7 luglio 2013


Scritto da Studio Avvocato Laura Gaetini

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