Divorzio o scioglimento del matrimonio

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Divorzio
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Il divorzio è l’istituto giuridico che consente lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, è disciplinato dal codice civile (art. 149 c.c.), dalla legge 898/1970 (“Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”) e dalla legge n. 74/1987 (che ha apportato delle modifiche significative alla precedente).

Anche il divorzio, come la separazione, può essere affrontato in forma congiunta o in forma giudiziale, a seconda se sia possibile raggiungere un’intesa fra i coniugi già prima dell’inizio della causa o nel corso della stessa.

Divorzio congiunto

Vi è accordo fra i coniugi su tutte le condizioni, in questo caso il ricorso è presentato congiuntamente da entrambi i coniugi.

Divorzio giudiziale

Non vi è accordo sulle condizioni, in questo caso il ricorso può essere presentato anche da un solo coniuge.

Gli elementi necessari per richiedere il divorzio sono quindi: il venir meno dell’affectio coniugalis, cioè della comunione morale e spirituale e la mancanza di coabitazione tra marito e moglie. Le cause che permettono il divorzio sono elencate nell’art. 3 della legge 1970/898 e fanno sempre riferimento ad ipotesi in cui uno dei coniugi abbia messo in pericolo la vita o la salute dell’altro coniuge o della prole, oppure abbia compiuto reati contro la morale della famiglia. La causa prevalente di divorzio resta comunque la separazione legale dei coniugi protratta ininterrottamente per almeno tre anni dalla prima udienza. Per la decorrenza dei tre anni non si può considerare il tempo che i coniugi hanno trascorso in separazione di fatto, senza cioè richiedere un provvedimento di omologa al Tribunale.

Dopo il divorzio, marito e moglie cambiano il loro precedente status di coniuge e possono contrarre nuove nozze. La donna perde il cognome del marito. A seguito di divorzio, vengono meno i diritti e gli obblighi discendenti dal matrimonio (artt. 51, 143, 149 c.c.), viene meno la comunione legale dei beni ai sensi dell’art. 191 c.c. (se già non è accaduto in sede di separazione), cessa la destinazione del fondo patrimoniale (art. 171 c.c.) e viene meno la partecipazione dell’ex coniuge all’impresa familiare (art. 230 bis c.c.).

Rapporti patrimoniali

Nel caso di divorzio giudiziale, quando non c’è accordo tra i coniugi sui rapporti patrimoniali, il tribunale può confermare le decisioni già adottate in sede di separazione, oppure – con la verifica delle prove prodotte dalle parti o dei controlli tributari disposti dallo stesso giudice per valutare la capacità contributiva di ciascun coniuge – può stabilire un assegno divorzile e l’affidamento e mantenimento dei figli. Il tribunale non può disporre riguardo le proprietà esclusive dei coniugi e gli acquisti effettuati autonomamente, né i beni di carattere “personale”, così come individuati dalla legge, fatto salvo il caso dell’assegnazione dell’abitazione familiare al coniuge affidatario esclusivo della prole, anche se non proprietario.

 

L’assegno divorzile

L’assegno di divorzio ha natura diversa dall’assegno di mantenimento e da quello alimentare, concessi durante la separazione, che presuppongono una continuazione del rapporto coniugale. L’assegno divorzile può avere esclusivamente una natura assistenziale, una natura risarcitoria (per cui bisogna accertare la causa che determina la rottura del rapporto), una natura compensativa (per cui è necessario valutare gli apporti di ciascun coniuge alla conduzione familiare) il versamento dell’assegno divorzile è riconosciuto ad uno dei coniugi poiché questi ha diritto di mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

L’assegno può essere oggetto di rinuncia, ma anche in questo caso, se sopraggiunge uno stato di bisogno, sarà possibile revisionare le decisioni assunte precedentemente dal tribunale. L’assegno divorzile può essere corrisposto mensilmente, oppure in unica soluzione. Qualora sia liquidato in un’unica soluzione viene meno qualunque diritto della parte che lo ha ricevuto a proporre ulteriori richieste economiche.

Se l’assegno viene versato mensilmente, il coniuge che lo riceve, in caso di morte dell’ex coniuge, potrà avere una quota dell’eredità proporzionale alla somma percepita con assegno mensile e vedersi riconosciuto automaticamente il diritto alla pensione di reversibilità o ad una quota di essa. L’assegno si estingue al momento in cui colui che lo percepisce abbia nuove nozze.

Qualora l’obbligato non versi l’importo stabilito è possibile agire esecutivamente nei suoi confronti o nei confronti di chi è suo debitore (ad esempio il datore di lavoro o una banca), quindi può essere soggetto a pignoramento anche lo stipendio o la pensione.

Affidamento dei figli

L’affidamento dei figli in caso di divorzio, così come per il caso della separazione, è disciplinato dalle norme introdotte con la Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006.
Il principio fondamentale è che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con con i parenti di entrambe le parti genitoriali.
Il giudice valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori siano affidati a entrambi i genitori (affidamento condiviso) oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati (affidamento esclusivo), sempre e comunque considerando l’esclusivo interesse della prole.
Il giudice determina inoltre i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, fissa la il modo con cui i genitori contribuiscono al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione della prole.
Il coniuge affidatario in via esclusiva avrà la potestà sui figli oltre all’amministrazione e l’usufrutto legale sui loro beni. Il giudice può anche stabilire un assegno a favore dei figli maggiorenni, da versare a loro direttamente, quando non abbiano adeguati redditi propri.


Scritto da Studio Avvocato Laura Gaetini

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